Chiudiamo questa panoramica delle principali forme di energia rinnovabile senza, volutamente, parlare di efficienza energetica, la vera frontiera dello sviluppo che attualmente rappresenta la principale forma di riduzione dei consumi con benefici sia per l’utilizzatore finale sia per il mondo dell’industria in genere.
Ne riparleremo al rientro dalle vacanze, con la mente riposata e l’arrivo della stagione invernale dove regolarmente ci accorgiamo di quanto ci costi l’energia.
Energia Idroelettrica.
Il funzionamento di massima ed il principio sono di estrema facilità: con la creazione di “cadute” d’acqua tramite la predisposizione di appositi invasi a monte, si sfrutta la forza cinetica dell’acqua per movimentare delle turbine. Da lì in avanti il processo è il medesimo per tutte le altre forme.
Il 54% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili in Italia nel 2011 proviene dall’idroelettrico. Secondo i dati del Gestore dei Servizi Elettrici (GSE), a fine 2011 l’energia idroelettrica prodotta in Italia ammontava a 44.012 GWh.
Questa fonte ha contribuito all’avvio dell’industrializzazione italiana tra l’Ottocento e il Novecento. Dopo essere stata la principale fonte di energia elettrica fino agli anni Sessanta (82% del totale), la quota di questa fonte rinnovabile è progressivamente diminuita, mentre la quantità prodotta è rimasta costante. Negli anni Ottanta, la quota dell’idroelettrico era già ridotta al 25%, mentre la produzione termoelettrica, nello stesso periodo, era passata dal 14 al 70%. Questo è dovuto alla maggior richiesta di energia, infatti, nel 2011 il consumo elettrico italiano è ventiduemila volte più alto che nel 1938 (313.792 Gwh) (Fonte: Terna).
Il potenziale della risorsa idroelettrica nel nostro Paese è sfruttato praticamente al massimo e si è quasi giunti al limite del massimo sfruttamento possibile. Non sembra quindi essere un settore capace di espandersi ulteriormente. Alla “chiusura” del settore contribuiscono il fatto che i siti più favorevoli e convenienti dal punto di vista tecnico ed economico sono già stati utilizzati e insorgono di numerosi ostacoli tecnici, ambientali ed economici alla realizzazione di nuovi grandi invasi e centrali di potenza elevata.
Interessante un aspetto: molto ora si parla di accumulatori di energia. Bene, ad oggi nel settore energetico, gli invasi ed i sistemi di pompaggio di acqua dal basso verso l’alto, sono considerati le migliori “batterie” in circolazione.
Le strade da percorrere nel futuro sono quelle dell’idroelettrico minore (mini e micro idroelettrico) con piccoli impianti a servizio di utenze isolate, che hanno la possibilità di sfruttare la risorsa idrica presente nelle loro vicinanze. In particolare il termine mini idroelettrico indica impianti con una potenza installata inferiore ai 10 MW, mentre con il termine micro idroelettrico si indicano gli impianti con potenza inferiore ai 100 kW. Gli impianti di piccola taglia hanno notevoli vantaggi: permettono di sfruttare piccole differenze di quota e portate minime dei fiumi per ottenere energia elettrica; hanno un basso impatto sul territorio; costi contenuti e consentono di soddisfare il fabbisogno energetico di piccole comunità, fattorie, singole famiglie o piccole imprese. Inoltre, questi impianti sono ideali per fornire energia ad aree isolate o non collegate alla rete di distribuzione elettrica nazionale.
Energia da maree e moto ondoso.
L’immensa riserva energetica offerta dal mare (oltre il 70% della superficie terrestre e occupata da distese oceaniche con una profondità media di 4000 m) si presta ad essere sfruttata in diversi modi. Infatti oltre al calore dovuto al gradiente termico (differenza di temperatura tra due punti), il mare possiede energia cinetica per la presenza delle correnti marine, delle onde e delle maree.
Laddove c’ e un’ampia escursione tra alta e bassa marea e possibile ipotizzare la costruzione di una centrale “mare-motrice”: sulle coste del Canada, o su quelle affacciate sul canale della Manica si raggiunge un dislivello di marea che raggiunge gli 8-15 m; invece nel Mediterraneo le escursioni medie di marea generalmente superano di poco i 50 cm.
In una centrale mare-motrice, l’acqua affluisce e defluisce in un bacino di alcuni chilometri quadrati, passando attraverso una serie di tunnel nei quali, acquistando velocita, fa girare delle turbine collegate a generatori (alternatori).
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Durante la bassa marea l’acqua del bacino defluisce verso il mare aperto, mettendo in rotazione la turbina; quando il livello del mare comincia a salire e l’onda di marea e sufficientemente alta si fa fluire l’acqua del mare nel bacino e la turbina si mette nuovamente in rotazione.
Una particolarità di questo sistema e la reversibilità delle turbine che perciò possono funzionare sia al crescere che al calare della marea.
In generale lo sfruttamento delle maree per produrre energia elettrica e poco efficace; finora sono stati costruiti due soli impianti di questo tipo: il piu importante si trova sull’estuario della Rance in Bretagna (Francia) e ha una potenza di 240 MW, l’ altro è in Russia.
Le onde del mare sono un accumulo di energia presa dal vento. Più sono lunghe le distanze e più vi e la possibilita’ di accumulo.
Vista la vastità del mare e l’energia contenuta in un’unica onda, si ha un immenso serbatoio di energia rinnovabile che può essere usato. Il totale medio annuo di energia contenuta nel moto ondoso (che viaggia per centinaia di km anche senza vento e con poca dispersione) al largo delle coste degli Stati Uniti, calcolato con acqua di una profondità di 60 m (l’energia inizia a dissiparsi intorno ai 200 metri e a 20 metri diventa un terzo) e stato stimato potenzialmente intorno ai 2.100 TWh/anno (2100×1012 Wh).
La produzione di energia da moto ondoso e già una realtà che suscita interesse. In paesi come il Portogallo, il Regno Unito, la Danimarca, Canada, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, ed altri ancora vi sono aziende ed istituti di ricerca che se ne occupano in modo esclusivo. Il costo per KWh, utilizzando questa fonte, e gia vicino a quello dell’eolico.
Vedremo cosa ci dirà la ricerca.
Energia Geotermica.
L’ energia geotermica e una forma di energia che utilizza le sorgenti di calore, che provengono dalle zone più interne della Terra, nel sottosuolo.
E’ naturalmente legata a quei territori dove vi sono fenomeni geotermici (in Italia si evidenziano come “zone calde” la Toscana, il Lazio, la Sardegna, la Sicilia e alcune zone del Veneto, dell’Emilia Romagna e della Lombardia) dove il calore che si propaga fino alle rocce prossime alla superficie, può essere sfruttato per produrre energia elettrica attraverso una turbina a vapore, oppure utilizzato per il riscaldamento per gli usi residenziali ed industriali.
Esistono anche tecnologie (le pompe di calore a sonda geotermica) in grado di sfruttare l’energia latente del suolo, in questo caso si parla di geotermia a bassa temperatura.
Queste pompe sono dei sistemi elettrici di riscaldamento (e anche raffrescamento) che traggono vantaggio dalla temperatura relativamente costante del suolo durante tutto l’arco dell’anno e possono essere applicati ad una vasta gamma di costruzioni, in qualsiasi luogo. Le sonde geotermiche sono degli scambiatori di calore (dei tubi) interrati verticalmente (od orizzontalmente) nei quali circola un fluido termoconduttore.
Durante l’ inverno l’ambiente viene riscaldato trasferendo energia dal terreno all’abitazione mentre durante l’estate il sistema s’inverte estraendo calore dall’ ambiente e trasferendolo al terreno.
All’estero eccelle l’Islanda che praticamente si autosostiene energeticamente con la sola geotermia.
Solare termico.
Sono gli impianti più diffusi e diffondibili sui tetti degli edifici italiani. Più che fonte di produzione di energia elettrica essi utilizzano la radiazione solare, attraverso un collettore solare, principalmente per riscaldare acqua, per usi sanitari e, dopo attenta valutazione, anche per il riscaldamento degli ambienti e per le piscine. La tecnologia e matura ed affidabile, con impianti che hanno una vita media anche di oltre 20 anni e tempi di ritorno dell’ investimento che possono essere molto brevi. Una famiglia di 4 persone che utilizza 75 litri di acqua calda a persona al giorno, integrando la caldaia convenzionale a gas con un impianto solare (impianto tipo di 4 m2 di pannelli e serbatoio di 300 litri), può ammortizzare l’investimento necessario, di circa 4.000 Euro, in 3 anni. Questo calcolo tiene conto degli incentivi esistenti che consentono di detrarre dalle tasse parte delle spese di acquisto e di installazione (detrazione fiscale del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici, attualmente estesa al 65%).
Solare termodinamico.
La conversione dell’ energia solare in energia elettrica avviene in un impianto solare termodinamico in due fasi:
- dapprima la radiazione solare viene convertita in energia termica;
- successivamente l’energia termica viene convertita in energia elettrica tramite un ciclo termodinamico.
La conversione termodinamica della seconda fase e del tutto analoga a quanto avviene nelle centrali termoelettriche convenzionali ed e quindi necessario che l’energia termica sia disponibile ad alta temperatura per ottenere rendimenti elevati.
Pertanto negli impianti solari termodinamici occorre generalmente concentrare la radiazione solare mediante un concentratore, costituito da specchi di geometria opportuna che consentono di raccogliere e focalizzare la radiazione solare verso un ricevitore, che la assorbe e la trasforma in energia termica. L’insieme di concentratore e ricevitore costituisce il collettore solare.
P.S.: Buone vacanze.
INTRODUZIONE AL PROGETTO DI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA
MECCANICA CHE HA COME APPORTO ENERGETICO SOLO ACQUA O ARIA A
TEMPERATURA AMBIENTE
Si vuole prima di tutto evidenziare le potenzialità del fluido acqua a temperatura ambiente. Ad
esempio, è possibile considerare una temperatura media annua intorno ai 20 °C se il liquido
riempie una vasca munita di opportuni assorbitori montati verso l’esterno.Ora un kg d’acqua a 20 °C
può cedere all’impianto (il sistema ha all’interno come fluido vettore aria liquida a 130 Kelvin) 15
Kcalorie, (diminuzione di temperatura da 20 a 5 ° C ) che corrispondono grosso modo a 63 KJolul /
sec, ed è come se un impianto Solare termodinamico concentrasse la bellezza di 63 specchi di 1,2
metri quadrati ognuno (per un totale di 63 kw) su un volume di 1 dm cubo, sapendo che il Sole
irradia 1000 w / sec su un metro quadrato di superficie. In questo modo il ricevitore montato nella
zona del fuoco parabolico fonderebbe nel giro di pochi secondi.
La nostra mente, purtroppo,abituata allo studio ed al funzionamento degli impianti a carbone, gas o
petrolio mal interpreta un’idea che basa la sua teoria sull’uso dell’energia prodotta assorbendo
energia termica ambiente.
Vorrei fare un paragone adesso, tra un impianto a vapore ed un impianto ad aria liquida. Nel
vapore il fluido vettore è appunto l’acqua che deve essere prima vaporizzata e poi surriscaldata ad
una temperatura almeno di 400 ° C per renderla simile ad un gas. Per poter operare in questo modo
sono necessari alti valori energetici prelevandoli dal carbone. Ora è vero che se scegliamo come
fluido vettore l’acqua che ha una temperatura CRITICA di 374 ° C è necessario per forza usare
carbone, mentre tutta questa energia potrebbe non essere necessaria se al posto dell’acqua venisse
usata ARIA LIQUIDA. Quest’ultima infatti ha TEMPERATURA CRITICA pari a 132,7 Kelvin
( circa 140 °C sottozero) ed una eventuale passaggio di stato da liquido a gas potrebbe essere
effettuato usando solo esclusivamente energia termica ambiente (estraendola in questo caso
dall’acqua o se si vuole anche dall’aria esterna).Il superamento della temperatura critica, renderebbe
il fluido incomprimibile se racchiuso in uno spazio molto ristretto, (spazio precedentemente
occupato allo stato liquido) sviluppando pressioni tali da rompere il contenitore metallico in cui è
racchiuso, comportandosi come una bomba ad orologeria. L’esempio adesso descritto è del tutto
simile ad un impianto Solare termodinamico ad alta concentrazione in cui l’energia radiante
converge su un punto e cede energia al fluido all’interno del concentratore. Ma anche l’acqua (che
ha assorbito energia dal Sole) cede energia al fluido criogenico, mettendolo in condizioni di
sviluppare energia di pressione per centinaia di atmosfere.
Tornando allora all’acqua contenuta nella vasca è intuibile che la cessione di 15 kcal /sec ad un gas
criogenico liquido, è una potenza rilevante se proporzionata al volume in cui è contenuta (volume di
1 kg di aria liquida = 1,14 dm cubi). Se poi, il ricevitore criogenico (che assorbe energia
scambiando con l’acqua esterna) dell’impianto è a 143 °C sottozero e la cui temperatura critica vale
ad esempio 132,7 Kelvin, possiamo programmare all’inizio lo sviluppo di una pressione intorno alle
60 – 300 Atm ( ma se si vuole se ne possono ottenere anche 600 senza alcuna spesa energetica, infatti
lo sviluppo della pressione all’inizio del ciclo viene decisa in base al volume che il fluido occupa nello
stato liquido quando ha già superato la barriera della valvola di non-ritorno) ed una espansione
isobara, isotermica durante (a 293 Kelvin), ed infine adiabatica, con produzione di lavoro
positivo (con energia assorbita dall’ambiente) superiore di ben 3 volte a tutta l’energia negativa
necessaria affinchè il fluido vettore torni di nuovo allo stato liquido.
Il progetto rispetta ampiamente il II° principio termodinamico in quanto ha un generatore di energia
a temperatura ambiente ed un pozzo a circa 153° C sottozero perfettamente isolato in
autosostenimento (proprio perchè restituisce l’intera entalpia e gli attriti al fluido vettore che già è
entrato nel settore di inizio espansione). Il gas infatti all’interno del pozzo assorbe prima l’energia di
liquefazione (entalpia residua + energia ed attriti della compressione isotermica, come in un normale
condensatore di vapore nelle centrali a vapore) essendo questo ad una temperatura iniziale di 120
Kelvin, e poi restituisce la quantità di calore all’aria, quando questa, essendo di nuovo entrata nel
settore di inizio espansione, ha bisogno di energia per espandere ( sistema di autosostenimento
brevettato). Il gas per fare questo, effettua prima una compressione adiabatica-isotermica fino ad una
temperatura di 150 Kelvin CEDENDO UNA PARTE DELL’ENERGIA DI COMPRESSIONE ALL’ARIA
LIQUIDA ed essendo questa ancora a 130 Kelvin (quindi più fredda rispetto al gas) riprenderà
tutto il calore ceduto nella liquefazione (sbalzo di temperatura tra i 150 K del gas ed i 130 K dell’aria ). Il
gas poi alla fine, effettuerà un’espansione adiabatica (espansione su una turbina adiabatica creando
lavoro positivo e quindi un ulteriore raffreddamento del fluido) , restituendo parte dell’energia usata per
la sua compressione, e terminerà con una temperatura di 2 / 3 Kelvin inferiore alla temperatura di
partenza. E’ sempre e solo una questione di ENERGIA RADIANTE IN TRANSITO. Se batte sulla
sabbia del deserto è reirradiata quasi istantaneamente, se batte su un impianto fotovoltaico si trasforma
in energia elettrica, mentre se batte sull’acqua può essere trasformata prima in energia dipressione e
poi in energia meccanica con il movimento di una turbina. Il conto energetico andrà alla pari, quando
l’energia fotovoltaica o quella meccanica si saranno trasformate di nuovo in energia termica ambiente
che verrà espulsa verso gli strati più alti della nostra atmosfera, e le macchine elettriche, alimentate
dall’impianto, non faranno altro che cedere energia in ambiente al posto dell’acqua.
Per dare una proporzione tra potenza sviluppata e volume occupato è possibile fare un calcolo di
massima : una stanza lunga 10 metri, alta 2 e larga 5 (ossia 100 metri cubi) può contenere un
impianto da 100 kw / ora elettrici. In sostanza vengono prodotti 1 kw elettrico per ogni metro cubo di
volume occupato.